Il liberatore dei sogni
Tu vedi un blocco,
pensa all’immagine:
l’immagine è dentro
basta soltanto spogliarla.
Michelangelo Buonarroti
Non si può separare l’opera di Pietro Fois dai luoghi dove nascono i suoi capolavori. Le sue opere sono figlie dilette di questo paese che immerge i visitatori in un’atmosfera magica. Questo paese che avvolge amorevolmente il suo castello in un caldo abbraccio.
Osservando la statuina che rappresenta la donna sarda, sa femina, ci si sente immersi nella solennità che traspare dai luoghi dove le opere vengono prodotte, e opera e spettatore vivono una magica osmosi, che è poi il portato di tutta la sua produzione. E niente trasmette le essenze della sua terra, la Sardegna, come il profumo del ginepro. Legno simbolo dell’Isola che diventa insieme colei che genera e colei che è. Donna e madre. Che metafora!
Si salda e si offre agli occhi degli spettatori il rapporto fra la terra e la madre, colei che ha generato gli esseri umani delega questa funzione alle donne di cui questa statua sembra la giusta incarnazione. Non vanno dimenticate le origini mediorientali dei Cananiti, con i quali gli antichi sardi sembra possano trovare non pochi punti di contatto, e rivisitati alcuni miti, come quello della dea della fertilità Astarte, che aveva eletto a proprio simbolo Tra i Cananiti (antica popolazione mediorientale) il Ginepro era il simbolo della dea della fertilità Ashera o Astarte. Nel Vecchio Testamento questo albero riparò il profeta Elia, una storia che riappare in un vangelo apocrifo, che ci racconta di come Gesù stesso fu riparato dagli occhi dei soldati romani di Erode durante la fuga in Egitto, sotto uno di questi alberi che possono essere così intricati. il ginepro; e allora tutto torna.
È il passato, la storia della nostra terra che parla attraverso il viso solo apparentemente inespressivo, che la sapiente mano dell’artista ha scelto come soluzione creativa. Ma sarebbe un errore pensare che questa femina e mama sia realmente inespressiva. È il fatale errore che può commettere chi si avventura senza le giuste coordinate storico/sociali che consentono di tenere la rotta: quella figura liberata dalla dura scorza del ginepro ci parla dei nostri antenati, ci racconta la nostra storia. La sapiente mano di Fois riesce a liberare dal ginepro una figura maestosa e solenne, ripulendola via via dalle parti in eccesso. Siamo di fronte a un’opera d’arte che ci affascina e ci rende inquieti per quel suo muto comunicare storie antiche e segreti inconfessabili. Lo sguardo viene calamitato da quel volto senza espressione e dopo poco ti ritrovi in atmosfere antiche, e quel viso ti trasmette racconti di un popolo che ha attraversato i secoli fiero. La guardi e aspetti che prenda vita, che ti dia le risposte nascoste nel ginepro, che ha attraversato i secoli osservando e conservando tracce del percorso dei Sardi per i suoi stupiti discendenti. E non poteva che essere il ginepro l’albero perfetto da cui strappare le carni per mostrare le forme nascoste. Di fronte a quel viso muto cresce il senso d’incertezza, di stupore, di attesa. E proprio quell’apparente non finito di quell’ovale senza lineamenti che le dà una forza espressiva unica.
È la madre di tutti che si libera della scorza, sottratta per liberare sa femina costretta dentro un ginepro, che poggia le sue radici nella madre terra; diventa quasi un simbolo della liberazione della donna.
Fois non è superiore alla natura che rappresenta, ma ne continua la forza e ne incarna lo spirito.
Non vi è decadenza in questa regale e immobile figura. È una figura eroica che travalica le generazioni, come il ginepro da cui è evasa.
Gianni Avorio