Quando penso a tutti i libri che mi restano da leggere, ho la certezza di essere ancora felice. Jules Renard
È una serata calda come capita talvolta nella nostra splendida isola durante i mesi estivi. Sono atteso, insieme ad altri invitati, in una splendida location, come direbbero le persone più attente al linguaggio del marketing, sulla panoramica terrazza che ospita la serata finale della XIV edizione del Premio Letterario di Osilo, organizzato dal “Salotto Letterario”. Il menù è di quelli che riempiono e ti liberano solo dopo avere gustato tutte le portate, una più allettante dell’altra: un bel gruppo di maître à penser, gestito dalla Presidente del Salotto Giovanna Elies, è mobilitato per fornire quanto di meglio la produzione letteraria della “Sardegna e dintorni” possa offrire. E brilla un folto gruppo di ospiti che non cerca solo gratificazioni, ma contribuisce con intelligenza e originalità a offrire composizioni degne di grandi chef.Tutti, padroni di casa e ospiti, mostrano di curare con puntiglio e la giusta dose di acribia la comunicazione letteraria seguendo con correttezza il menù, anche se, qua e là, non mancano piccole e poco significative sbavature; si sa, anche le liste più scrupolose, a ben guardare, sono arricchite dal non previsto. Come si dice: è il bello della diretta.Mi sono sempre chiesto se i libri hanno sapore, visto che le sfumature olfattive delle pagine inchiostrate e rilegate sono incredibilmente numerose. Attraverso le emanazioni odorose possiamo indicare con buona approssimazione in quale periodo della storia dell’umanità è stato stampato, come è stato conservato, quale tipo d’impasto ha generato le pagine, quali inchiostri ne hanno disegnato le parole. Insomma, sniffare un libro è un atto di grande competenza editoriale e di amore smisurato per le pagine che trasudano storie, amori, vite. Il sapore non è una forma elitaria di nouvelle cuisine folle, ma indica come gustare la sapienza con la quale gli scrittori e i poeti sanno trasmettere pensieri e sentimenti. Di questa opinione pare fosse anche Marcel Proust che sosteneva che “I piatti si leggono e i libri si mangiano.”Odore e sapore sono le giuste coordinate per viaggiare dentro un libro, per succhiarne la linfa vitale, per sentirci partecipi di una collettività che il libro lo ha ispirato e della vita e dei sentimenti dell’autore che lo ha scritto.Armato di queste essenziali e banali riflessioni ho vissuto una magnifica giornata del libro e per il libro nella splendida terrazza panoramica messa a disposizione dal comune di Osilo. Alla presidenza siedono, oltre Giovanna Elies, Adriana Mannias, Alessandra Espa, Ottavio Olita, Massimo Dadea, Giovanni Avorio, Antonio Brundu. Uno dopo l’altro si succedono alla ribalta autori straordinari di poesie, romanzi, racconti e saggi. Il pubblico presente ha avuto il piacere di sentire dalla viva voce dell’autore del libro dell’anno della saggistica “La nuova al tempo di Rovelli”, Sandro Ruju, le motivazioni che lo hanno portato a scrivere un libro che ha sollevato il velo sugli anni bui dell’editoria sarda condizionata pesantemente dal “padrone” della Sir Angelo Rovelli, detto Nino. Le capacità affabulatorie di Ruju, nipote del mai dimenticato autore di Agnireddu e Rusina” e “Sassari vèccia e nòba”, ci hanno condotto per mano a rivivere anni che hanno segnato la recente storia della Sardegna. Franco Mannoni, vincitore del Premio Speciale Antonio Gramsci con “Il campo degli asfodeli” ha arricchito con sapienza il ricco menù elaborato dalla giuria e cucinato dagli autori per la più parte stellati. Anche Mannoni, partendo da esperienze di vita, ha percorso con stile e bravura gli anni che hanno sconvolto la recente storia sarda, dalla rivolta di Pratobello alle Brigate Rosse della Barbagia. Dicitore raffinato, ha coinvolto i presenti in una breve dissertazione sul ruolo del libro e sulla necessità di una vetrina come il Salotto dove raccontarli.Una ventata di aria fresca ha accompagnato la lettura di una poesia tratta dal libro “Alberi di parole” di Salvina Ticca, corredato dai disegni dei suoi alunni. Delicata performance e convinti applausi per la Menzione d’onore strameritata. Le portate del generoso e ricco menù sono continuate con la Menzione d’onore a Antonietta Ivana Marroni per “Il campo dei girasoli” e a Nando Cossu con “Racconti di terra e laguna”. Due libri splendidi, che raccontano la vita e le difficoltà che ciascuno deve affrontare per trovare la propria strada. Libri solo apparentemente diversi, ma che raccontano la Sardegna come le sfaccettature di un diamante asscher, con ben 74 faccette simbolo di grande complessità.Uno dei momenti più commoventi e partecipati è stata la consegna della Menzione d’onore alla memoria di Massimo Pittau, linguista, glottologo e accademico italiano, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda, esperto di civiltà nuragica, per il libro “Eppure mi diverto”. A ritirare il premio, sommersa da applausi, la figlia Paola.Carlo Panio con “Dall’Enel alla Carbonsulcis” ha raccontato con sapienza e ricchezza la storia estrattiva in Sardegna. Segue, nel suo processo quasi didattico, ricco di informazioni e documenti, le politiche dell’occupazione nell’Isola, la crisi petrolifera voluta dai paesi estrattori del mondo arabo. Non trascura i cambiamenti che hanno coinvolte le comunità del Sud-Ovest della Sardegna, descrivendone con ricchezza di particolari il percorso di cambiamento. La portata esotica colpisce positivamente giuria e pubblico. Due poeti hanno offerto un simpatico intermezzo di stuzzichini: Zineb Ibnorida e Angelo Contini hanno vinto il Premio Pinuccio Solinas dedicato alle poesie inedite: “Sardigna” e “Lu stazzu sminticatu”. Contini ha letto, applaudito, la bellissima poesia in dialetto gallurese “Lu stazzu sminticatu”, ricco di passione e di nostalgia.Massimiliano Fois ha soddisfatto anche i palati più raffinati e da vero buongustaio ha recitato con la amichevole connivenza di una chitarra una poesia tratta dal libro “Breviario per notturni campestri” che gli ha fatto meritare il Premio speciale per la poesia edita.Premio Speciale Enzo Espa è andato a Isabella Mastino per “Io che non vedevo quella luna”. Dalle pagine, organizzate come un percorso museale che va di là del semplice ricordo di un passato “tipicamente sardo”, riemerge una scrittrice nuova. Sotto qualsiasi aspetto venga considerato, “Ma io non vedevo quella luna” è un buon libro. Per la concezione, per lo svolgimento, per la dipintura dei caratteri e dell’ambiente, per l’impeccabile e personalissimo stile e, soprattutto, per la grande messe di poesia e di filosofia, abilmente occultate nelle pagine del libro. La Mastino offre al pubblico uno straordinario spaccato delle sue idee e del suo modo di scrivere. È una festa delle parole servite su meravigliosi piatti d’argento.Vincitore della sezione narrativa è un libro ricco d’intrighi e di colpi di scena in salsa milanese, come si addice a un menù che vuole sprovincializzarsi. “Le stelle di Capo Gelsomino” di Elvira Serra, ha meritato il titolo di libro dell’anno, ed è stato il dolce che ha completato le portate, gustose, ricche e originali. Quando tutto sembrava terminato la presidente Giovanna Elies ha tirato fuori dal cilindro il classico coup de théâtre: ha invitato per ritirare il Premio del Salotto Letterario Matteo Pischedda di Bono. Pochi conoscevano l’abilità del giovane, capace di emulare le più brave ricamatrici sarde. Ha mostrato alcuni capi prodotti dalla sua stupefacente abilità nell’usare ago e filo per costruire capi degni di essere indossati da principesse e regine. Ascoltare quel giovane, che si scoprirà essere anche un abilissimo pastore, parlare di scialli, ricami e dipinti su tessuto con passione e grandissima competenza fa saltare ogni regola di comportamento. Dopo una breve intervista da parte del giornalista Ottavio Olita, il pubblico lascia le sedie dalle quali aveva compostamente seguito il dibattitto, e circonda il giovane travolgendolo con entusiasmo e mille domande. Fa specie che in epoca di social e di successo della mediocrità questo giovane sia capace di stupire e di coinvolgere. È stata la giusta conclusione per una riuscitissima serata di libri e “poesia”. Cin cin con l’augurio di rivedersi l’anno prossimo con la XV edizione.
Gianni Avorio