Liliana Fogu, Primadonna nello sport e con la penna. Sassari, 1918 -2003
“La strada si allungava calcinata dal sole, tra i due cigli che appena si inverdivano al fondo della cunetta per un po’ di umidita custodita tra il muschio; la distesa di grano intorno sembrava I’abbagliante miraggio di un mare irreale che si slargava in onde sempre più fitte per una bava di vento che si era levata.
Nessuna voce, solo il respiro delle spighe e il fremito del vento tra gli steli vuoti: pareva che la vita fosse tutta e solo in quella bava di vento.
Invece qualcuno veniva dalla curva dell’orizzonte, dove si perdeva la strada, camminando con passo strascicato: una donna.
Le cocche del fazzoletto giallo annodato sotto il mento erano aride e asciutte come la pelle del viso e delle mani; nel camminare sollevava un velo sottile di polvere che le imbiancava l’orlo della gonna e i piedi nudi.
Nessuna creatura avrebbe osato camminare sotto quel sole pazzo che apriva con un crepitìo secco la pula sui grani gonfi.
Nessuno che non fosse disperato e la donna lo era.
Camminava con gli occhi fissi all’orizzonte dove pareva che la strada finisse: finiva per ricominciare e questo era terribile”.
Liliana Fogu, Motivi qualunque – La strada
Quando si possiedono forti capacità espressive come quelle evidenti nel brano citato, nel panorama culturale e letterario il successo non è assicurato. Anzi! Ci si deve accontentare di una parvenza di notorietà,
legata principalmente ad una ristretta cerchia di lettori e di estimatori ed all’opera meritoria dei circoli ed associazioni culturali che tentano di promuovere gli autori e le loro opere. Ciò nonostante, scrittori come la
Fogu finiscono per restare sconosciuti al grande pubblico, quasi fosse una colpa “il saper fare” e ” il saper fare bene” o anche “più che bene”.
Nasce a Sassari e, come pochi a quei tempi, frequenta la facoltà del Magistero della Capitale, sotto la guida dell’illustre pedagogista Luigi Volpicelli. Nel 1941 si laurea e si trasferisce ad Asti e proprio nella cittadina monferrina (del Monferrato) muove i suoi primi passi nella vita lavorativa e stringe amicizie con personaggi di spicco, quali la scrittrice e pittrice Walli Toselli, figlia del comandante partigiano “Otello”. Negli anni Sessanta, ormai ritornata in Sardegna, vive un momento denso di soddisfazioni ed impegni: collabora con il quotidiano “La nuova Sardegna” in veste di saggista, pedagogista, narratrice e poetessa. Miete, tra gli anni Sessanta e Settanta, una serie di riconoscimenti in concorsi nazionali, tra cui quelli della FIDAPA – sede di Roma. Alla fine degli anni Settanta sia avvicinerà all’Associazione Culturale FIDAPA di Sassari, alla quale resterà fedele, con convinto impegno, fino alla morte.
Di lei si è detto poco e troppa poca strada hanno fatto le sue parole impresse sulla carta con l’inseparabile “lettera 22”, testimone muta e devota di tante inquietudini e di altrettante capacità. E poco conviene che si racconti, ora che il suo tempo è trascorso ucciso anche dalla nostra indifferenza e distrazione, ma soprattutto da quel sistema di pigrizia che ha invaso il nostro quotidiano e non ci consente di rileggere e rivisitare le cose a cui già abbiamo attribuito valore.
Così, i nostri scrittori imboccano la strada della dimenticanza e dell’incuria, aiutati -volutamente o no – da una nostra indicibile complicità. Riscoprila, oggi, sarebbe un atto dovuto, più per il bene del nostro sistema
culturale che per lei. Lei ha percorso fino in fondo la sua strada scrivendo tutto ciò che le sue capacità le suggerivano e lasciando a molti di noi l’assurda libertà di ignorarla! – Homo homini lupus- dicevano i latini e mi
pare che sia proprio vero.
Anche Liliana, come la protagonista del suo racconto, ha camminato con gli occhi fissi all’orizzonte dove pareva che la strada finisse. E, come nel racconto, finiva per ricominciare!
Destino assurdo, quello della nostra scrittrice, e purtroppo non unico! Qui, in questo meraviglioso “sandalo di terra” i critici letterari più che topi di biblioteca sono spesso abili scrivani (è molto più comodo ricopiare quanto
è già stato scritto da altri) e sicuramente abilissimi manager, intenti a promuovere se stessi a tutti i costi e su tutti gli spazi disponibili: carta o etere!
Nei ricordi di chi l’ha conosciuta da vicino e le è stata amica per anni, è inscindibile la figura di Liliana Fogu ginnasta e Liliana Fogu donna di cultura e scrittrice.
Antesignana di uno sport -ginnastica artistica- che ancora oggi, qui in Sardegna, non gode di molta diffusione e popolarità, raggiunse, anche in questo campo, traguardi insperati e talvolta le vette più alte. Lo
ricorda bene chi ha avuto il privilegio di frequentare la palestra che gestiva con l’aiuto della sorella M.Antonietta. Per quanto l’età, aveva già quarantacinque anni, potesse essere avara, il suo corpo agile e vigoroso volteggiava sugli attrezzi con la familiarità tipica dei campioni.
“A Liliana era stato affidato il compito di seguire la preparazione delle atlete meno giovani ed io ero tra queste” ricorda con affetto la Presidente della Fidapa, “e fu in quella occasione che mi accorsi di quanto fosse
un’insegnante speciale. Oltre alla forza fisica e alle indiscusse abilitià ginniche, Liliana possedeva una straordinaria capacità di stabilire con i giovani un rapporto di reciproca intesa. Dava e otteneva fiducia; chiedeva senza ordinare; correggeva senza rimproverare, ci esortava a ripetere gli esercizi sempre attenta a non farci entrare in competizione”.
“Le sue giornate – racconta la sorella Sesa- non erano di 24 ore, forse non avevano nessuna misura, o forse era lei che riusciva a moltiplicarle. Scriveva, cucinava, cuciva per i figli i costumi da carnevale, preparava torte e frittelle per le loro feste con gli amici. Fu un periodo, quello, nel quale non risparmiò se stessa oppure non pensò più a sé stessa. Paga dei riconoscimenti, delle medaglie e delle targhe che premiarono la straordinaria capacità di elaborare con ricchezza la sua fantasia, sembra aver fretta di portare a termine l’impegno della vita senza più proteggersi !”
Giovanna Elies