Località Bajolu, festa di “Sa Madalena”. Ricorrenza quasi in sordina: senza cavalieri, senza processione, pubblico raccolto. La mensa posizionata ad Ovest, appoggiata idealmente alla parete e al portone d’ingresso della chiesetta. Un unico corridoio, ormai retto solo da tre pareti, la nicchia per la santa rigorosamente rivolta ad Est. Una leggera brezza viaggia sul parallelo Nord-Sud e muove con delicatezza i paramenti sacri e fors’anche le menti e i cuori. Tre sacerdoti ad officiare: prendas – don Luigi, don Saba, don Emanuele. Parrebbe una quieta e semplice ricorrenza in una delle tante chiesette sparse nell’agro di Osilo. Parrebbe, così non è. L’omelia di prammatica dopo la proclamazione del Vangelo (secondo Giovanni, Vangelo insuperabile) entra, quasi in sordina, nel catafalco dei cuori, sconvolge credenze e miti viaggiando sicura verso la verità (quella stessa che per san Giovanni è l’unico strumento di libertà, quella stessa che per Gramsci è rivoluzionaria, quella stessa per cui Manzoni ha scritto “il santo vero mai non tradir né proferire mai verbo che plauda al vizio e la virtù derida”. Così, inconsapevoli, soli nei nostri pensieri, nelle nostre ansie, l’omelia ci riconduce in quei sentieri nei quali “il camminare è lieve” (Dante). Sa Madalena è lì con noi, nella sua nicchia ma non inerte. Lei che è stata chiamata per nome dal Cristo risorto, lei che ha vissuto la transumanza dalle nebbie della vita, ai sentieri limpidi della immortalità. Apostola e prima annunciatrice di un fatto straordinario come la Resurrezione ( se pur donna in un contesto sociale difficile ancora oggi, figuriamoci 2000 anni or sono. n.d.r), figura nella quale Gesù stesso pone le basi per la sua comunità, per la sua Chiesa. L’omelia non è breve, anzi , eppure ogni passaggio sembra una pioggia di gocciole e di petali, cullati dalla brezza, ricadono in un terreno ormai arato e rinsecchito dal sole ma che produrrà, come un seme, più del 50 e del 70%.
Giovanna Elies