Mal Celtico
Così a portata di mano, così divulgata, l’Irlanda è un mondo a parte. Facile andarci; meno facile “entrarci”. Unica, perché senza termini di paragone, somiglia solo a se stessa. Unica, rispetto all’Europa occidentale è anche la sua storia, con un salto diretto dalla Protostoria celtica al Medioevo, senza soggiacere all’impronta pesante di Roma; questo le ha consentito di serbare e trasmettere intatta la propria Tradizione, presente ovunque, ma radicata nei boschi, a riaffermare un tempo lontano in cui la Natura e l’amore per la natura, indicavano la strada. Tradizione mai disgiunta dalla discrezione con cui ti viene offerta, quasi in punta di piedi, con saggezza ed empatia, come l’attitudine di questa terra affacciata sull’atlantico, ad imbrigliare le nubi dall’oceano e scioglierle in pioggia sottile. Piove a tal punto, che la gente non ci fa più caso. Risibili gli ombrelli, che il vento stravolge. E ti bagni, ma non te ne accorgi: aghi sottilissimi e costanti, come un ricamo da vecchia signora irlandese. Sotto, la vita scorre e passa la storia, che ci accomuna, sia in quanto emigranti, che isolani (curioso recarsi, per fotografare un paesaggio propostoci, in mezzo a un dedalo di muretti a secco che qui in Sardegna sono nati ovunque, spontanei come i funghi!). Le pietre raccontano, in un silenzio soltanto apparente. La modernità e, finalmente, il benessere, per questa terra martoriata dalle invasioni antiche e dalla rapacità britannica sino ad avantieri, non si sovrappongono al Tempo. Dopo, se sei riuscito ad entrarci, non ti resta dentro solo il sapore incomparabile della Guinness, la musica che cresce ovunque, la vivacità dei colori. Molti paesi del Nord hanno i loro miti e le loro leggende, tramandati dai monumenti in piazza. Se la Danimarca ha la sua Sirenetta, l’Irlanda ha, più carnale e viva (e più vicina per la novella di povertà) la sua Molly Malone, la cui canzone ti entra nella testa, indelebile quasi come un inno nazionale. Con lei, umile venditrice di cozze e vongole per le viuzze di Dublino, che rivedrò presto (almeno nelle intenzioni), accosto la porta del visibile e tento di forzare ii cardini arrugginiti di quella del percepibile: la Spiritualità.
Reciprocità fra Celtismo e Cristianesimo
Il problema che si posero i primi evangelizzatori non fu quello di convertire al monoteismo popolazioni “barbare” dedite al politeismo, dove, fra l’altro erano presenti forme “trinitarie” come manifestazioni di un dio unico; ma, semmai di far entrare una religione fondata sulla trascendenza fra genti la cui idea del divino era fortemente connessa ai luoghi e alle energie manifeste della Terra. Alture, boschi e corsi d’acqua esprimevano compiutamente il loro bisogno di sacralità, tanto da allarmare la Chiesa che iniziò, con la consueta durezza, la sua azione “repressiva”. 3 Nel 452 il Concilio di Arles vietò tali pratiche come sacrilegio, rafforzato nel 568 da quello di Nantes e, ancora, nel 789 dai Capitolari. Ciò conferma, fino al XIV secolo, che l’antica religione c’era e godeva di buona salute. Ma potevano quei popoli che avevano resistito al tentativo egemonico Romano (il primo contatto, con Giulio Cesare è del I sec. a.C.), capitolare alla penetrazione strisciante della Curia romana? Qualcuno, opportunamente a Roma, pensò che l’unica via percorribile fosse l’integrazione, a cui furono sensibili le comunità contadine, più che guerriere; è di quel tempo la formazione della lingua gaelica. I luoghi sacri furono “risacralizzati”. Sui megaliti comparvero, scolpite, le croci. Le fonti d’acqua, luoghi di culto con un forte potere taumaturgico, vennero dedicate alla Vergine Maria (su alcuni pozzi sacri, come a Chartres, in Francia, vennero costruite Cattedrali). Santuari ed Abbazie si moltiplicarono e all’antica sapienza celtica attinsero i futuri costruttori delle Cattedrali Gotiche. Non furono comunque sereni i rapporti fra la Chiesa d’Irlanda e quella di Roma. La vastità dei luoghi, lo scarso numero di abitanti (si calcola che non fossero più di mezzo milione, suddivisi in 150 tribù) e la profondità profetica del monachesimo irlandese, portato più alla meditazione e allo studio che agli intrecci ecclesiastici, favorirono l’affermarsi di figure leggendarie; fra queste, san Colombano (c/ 540 – 615) che arrivò a scrivere al papa Gregorio I, richiamandolo ad un maggiore rispetto e cura dell’insegnamento evangelico, come avveniva nella Chiesa irlandese. Senza di lui – è 4 stato scritto – così come per l’altro grande patrono San Benedetto – l’Europa non sarebbe stata la stessa. La croce venne sì assunta come simbolo, ma col disco del sole incastonato, a significare il mai dimenticato culto della natura. La vita isolata ed esemplare dei monaci creò, col tempo, ammirazione e consenso intorno alle Abbazie; anzi, l’abate finì per assumere un ruolo pari, se non superiore, allo stesso Vescovo. Caso unico, i monasteri erano retti da una comunità che comprendeva uomini, donne e anche fanciulli. Probabilmente il cristianesimo romano è debitore a quello celtico della maggiore caratura ascetica e spirituale.
Ma prima
Sembra che i Celti fossero pienamente consapevoli del ruolo fondamentale che le energie telluriche e cosmiche, intersecandosi, svolgevano a favore della vita sulla terra. È attribuito a loro anche il culto della vergine nera di cui si trovano immagini nelle cattedrali che, secondo la tradizione, rappresentava la Luna vecchia (la Dea Nera) con poteri divinatori, ritrovata frequentemente in cripte sotterranee, a riprova della conoscenza celtica dello “spirito” celato nel profondo. Questa Conoscenza precede il monachesimo, precede le invasioni, precede Cesare e affonda nel cuore dei boschi, dove i Druidi interpretano, svelano e rivelano i segreti della Natura: esclusivamente per via orale. 5 Sono il perno intorno a cui ruotano quelle tribù in un rapporto armonioso con l’Energia (chiamata Oiw) creatrice e distruttrice, secondo un ciclo di nascita e morte continuo e accettato. Non solo sacerdoti, ma giudici, maghi, sapienti, astrologi; detentori di un sapere esoterico che li porta a conoscere le forze della natura e a dominarle. Persino il re è loro sottomesso: può prendere la parola solo dopo e se da loro viene consentito. La particolarità di alcuni luoghi geografici emananti “correnti di energia”, ossia il “magnetismo sotterraneo” è una scoperta dei nostri giorni; fa pensare e non è che una delle tante crepe della nostra sfera sapienziale, che ci fosse una mitologia accessibile per i popoli, tramandata di generazione in generazione coi racconti e, sia pure per pochi, un sapere iniziatico che scandiva anche i ritmi religiosi. Inesistente, presso i Celti il concetto di “peccato”, quantomeno rapportato a quello cristiano. Le regole e la morale erano condivise e chi ne fosse venuto meno si autoescludeva dal gruppo. Se si evita di attribuire al mondo celtico le categorie mentali di quello cristiano, si scopre la modernità della loro concezione della morte. Per cerchi concentrici, si pensava che a partire dal Centro (l’Oiw assoluto) si pervenisse allo stadio della conoscenza Spirituale, poi a quello del mondo fisico e, di seguito, alla materia inanimata. Ritenevano possibile il passaggio progressivo a superiori stati di conoscenza-consapevolezza attraverso i Misteri dei Riti di Iniziazione. 6 Con la morte il corpo accedeva al mondo dell’invisibile e conservava memoria della vita passata. Successivamente all’oblio di questa, a seconda del livello di Perfezione, poteva rinascere alla vita o raggiungere l’immortalità. È tutto. Penso che la congiunzione fra le parole in grassetto semplicemente conduca ad un luogo ipotetico di riflessione.
A fatica sono uscito dal bosco in cui mi trovavo e dalla sensazione intima d’essere a casa. Una cascata d’acqua torbosa, alla mia destra, continuava la sua corsa con gioia. La Gioia, questa componente così umile e sommessa del nostro andare, che potrebbe rendere sapido il nostro rapporto con l’altro; così accantonata, così ripudiata, così irrisa e così indispensabile. L’Irlanda è un paese religioso in modo serio, non bigotto; che si tratti di cattolici o di protestanti: chi si è formato con la privazione e la povertà non può non esserlo. È un paese nuovo, perché nessuno dei suoi Valori è ancora invecchiato, per quanto abbia lontane origini. Forse, la vera rivoluzione non passa attraverso il cambiamento repentino e violento, ma liberando dai cumuli di sabbia la Sapienza antica che non si limitava ad insegnarti a fare, ma ti spiegava perché e se fosse opportuno. Quando filosofia, scienza, medicina, magia, avevano la stessa voce e la Saggezza faceva ancora parte delle qualità dell’Uomo.
Gian Carlo Lucchi