Nostalgia del ripetibile e Nostalgia dell’irripetibile.
Il variegato vissuto dell’umanità ha prodotto nei millenni tanti tipi di nostalgia, ognuno legato a componenti culturali, storiche, ambientali, la saudade del Sud America o i riti druidici dei popoli celtici, entrambi propaggini diverse di matrice europea, sono forse esempi calzanti.
Se c’è una nostalgia che rifuggo, è quella dell’irripetibile, ricordare e nello stesso tempo non poter più rivivere momenti, azioni, situazioni collettive perché manca la materia prima di ciò che si è vissuto; i morti, le persone con le quali hai condiviso situazioni che non potrai più vivere non ci sono più; una prima comunione è irripetibile, come è per fortuna irripetibile un matrimonio o un viaggio di nozze con la stessa persona (tanto per sorridere).
La nostalgia dell’irripetibile da quando ho perso i Genitori, da quando sono scomparsi i miei migliori Amici, si è arresa, ha capito che non ho tempo da perdere con Lei; la rimozione forse ci mette la sua e mi allontana dai vissuti più intensi che ricorderei o rimpiangerei con piacere; “rileggere il curriculum dei propri vissuti emozionanti” ecco, forse è questa la nostalgia.
Tuttavia nell’irripetibile c’è la trasmissione della conoscenza, cerco di spiegare, è vero che la persona Cara ha lasciato questo mondo, ma è anche vero che nella trasmissione di emozioni ed input che hai ricevuto da lei, qualcosa di ripetibile c’è… e la nostalgia del ripetibile prende il sopravvento.
Un vissuto che spesso ricordo con nostalgia, risale esattamente a 50 anni fa, il 1970; nulla di imponente, nulla di ufficiale, un tardo pomeriggio di inizio estate di un bambino di 9 anni che vive in una casa di campagna affacciata sul Golfo di Policastro…
Il panorama offerto da Maratea ha lasciato senza fiato personalità come Indro Montanelli e Giorgio Bassani tanto per fare qualche esempio, ma il mio approccio alla bellezza naturale è diverso, più istintivo, è l’approccio degli occhi vergini del bambino alla natura senza contaminazioni antropiche.
I canali sensoriali di un bambino sono come dei serbatoi pronti a ricevere l’acqua dei colori, dei suoni, e delle percezioni in genere.
Papà è appena tornato dal lavoro in ospedale, prende il giradischi e dopo qualche secondo parte Samba pa ti di Santana e scoprirò tanti anni dopo che quella chitarra magica si chiama “diavoletto Gibson”; la musica si va ad incastonare in quel cielo che da azzurro diventa arancione e si separa finalmente dal mar Tirreno, la vista si confonde con l’udito ed iniziano a duettare, la sensazione di piacere che io provo è immensa… ma non finisce qui.
Il corridoio unisce tutte le camere e sfocia nella porta di ingresso; la Mamma è in cucina a preparare le zucchine alla scapece, in questo caso a duettare sono la menta e l’aceto ed il profumo sfocia nel giardino fino a riempire le mie narici.
Se dovessi dare una definizione di quel momento in cui i miei canali sensoriali della vista, dell’udito e dell’olfatto vennero letteralmente sopraffatti, lo definirei “iniziazione mediterranea”, in quel momento ricevo dai miei genitori quel senso di appartenenza che non mi abbandonerà più.
Nostalgia quindi, ricordo di un’iniziazione, presa di coscienza della sensorialità, non elemento passivo ma motivante.
Alfredo Crispo