Eva Mameli Calvino
“Non è la voce di mia madre che ritorna,in queste pagine risuonanti della rumorosa presenza paterna, ma un suo dominio silenzioso: la sua figura si affaccia fra queste righe poi subito si ritrae, resta nel margine. Che la vita fosse anche spreco, questo mia madre non lo ammetteva…perciò non usciva mai dal giardino etichettato pianta per pianta, dalla casa tappezzata da bougainvillea, dallo studio col microscopio sotto la campana di vetro e gli erbari. Senza incertezze, ordinata, trasformava le passioni in doveri e ne viveva” (Italo Calvino)
Fra le tante persone illustri che hanno scritto pagine di storia sarda in tutti i campi, di cui dovremmo essere orgogliosi, credo che uno dei primati spetti ad una donna dimenticata e cancellata dalla memoria collettiva: Eva Mameli Calvino.
E’ considerata una delle madri della Scienza da tutto il mondo scientifico.
L’epoca in cui Eva nacque, la fine dell’Ottocento, non solo a Sassari, sua città natale, non era favorevole alle donne intellettualmente dotate che avrebbero voluto seguire una strada diversa da quella che la società di allora , legata a regole arcaiche e troppo spesso bigotte e che non dovevano essere infrante, imponeva alle ragazze.
Gli studi delle bambine finivano, se tutto andava bene, con la quinta elementare.
“La scuola, come voleva la riforma scolastica di Michele Coppino del 1877, doveva far sì che le masse traessero conforto a rimanere nelle condizioni sortite dalla natura anziché incentivo ad abbandonarla, e che lo scopo della istruzione elementare doveva essere quello di formare una popolazione, per quanto possibile istruita ma principalmente onesta, operosa, utile alla famiglia, e devota alla Patria e al Re”.
Quindi, finita l’elementare, le bambine dovevano pensare che il loro futuro fosse il matrimonio e ad esso dovevano prepararsi.
L’appartenenza ad una famiglia benestante borghese consentiva un diploma di maestra e l’Università in via eccezionale nella facoltà di lettere.
Eva ebbe la fortuna di appartenere ad una famiglia benestante, repubblicana, Mazziniana, anticonformista, per cui le fu facile seguire quella che era la sua indole: studiare e orientare i suoi studi verso quel mondo dal quale era affascinata: il mondo naturale e la botanica.
La Sardegna era allora una terra incontaminata, dove i ritmi della vita erano scanditi dall’alternarsi delle stagioni. I profumi della ricca vegetazione si trasferivano nella cucina materna in cui il mirto, il rosmarino, il ginepro e il miele davano ai cibi semplici, che la madre cucinava sotto gli occhi attenti di Eva, sapore unico e forte.
E poi quelle passeggiate con il fratello Efisio ad ammirare nei boschi le querce con il loro tronco contorto, le siepi di rosa canina, il giallo oro delle ginestre, gli iris selvatici e quei massi colorati di rosso, di giallo e di marrone che contraddistinguono quel meraviglioso paesaggio sardo che ha affascinato da sempre visitatori e scienziati che hanno percorso questa terra sin da tempi lontani.
Eva, quelle macchie colorate, i licheni, le chiamava “meravigliose creature” e diverranno poi oggetto dei suoi studi futuri. La bambina Eva insegue un sogno, una chimera, dai contorni non ben definiti, ma lo fa con caparbietà aiutata in questo dai suoi genitori e dal fratello Efisio. Ma per riuscire bisognava infrangere tutti i tabù: l’iscrizione al Liceo Scientifico e gli studi Universitari a Cagliari lontana dalla sua famiglia e dalla sua Sassari.
A Cagliari passa ore a studiare le piante dell’orto botanico aiutata in questo da un anziano tecnico “Gavino” e dal direttore Belli che contribuiranno a far si che il seme della botanica iniziasse a germogliare e a spingere Eva, dopo la laurea in matematica a trasferirsi a Pavia dal fratello Efisio illustre chimico, e consegue la laurea in botanica diventando poi la prima docente universitaria in Italia all’età di 29 anni.
Evelina, come le diceva la sorella Pina, è una vera sarda, fiera e indomabile e quando l’Italia entra in guerra il 24 maggio 1915 Eva non ha tentennamenti: vuole essere partecipe e mettersi a disposizione della “Madre Patria” con grande senso di responsabilità. Prende il diploma di infermiera della Croce Rossa Italiana ed assiste nell’Ospedale Ghislieri di Pavia i militari che avevano contratto il tifo nelle trincee.
La sua dedizione e l’impegno profuso le fecero ottenere due medaglie, una d’argento e una di bronzo ed un attestato di benemerenza.
I suoi studi sulle malattie delle piante dovute a funghi e virus vengono utilizzati in agricoltura per impedire il diffondersi di esse nelle piante sane. Dietro una apparente austerità, intransigenza e rigidezza si nasconde una giovane donna che sa lasciare libero sfogo alle emozioni, quando progetta la sua nuova vita e accetta di seguire a Cuba Mario Calvino e sulla nave che attraversa l’Oceano ripensa ancora alla sua Sardegna, ai suoi grandi spazi e alla natura incontaminata. “Per otto giorni da solo, ebbi modo di ripensare alla vita che mi ero lasciata alle spalle: alle difficoltà incontrate e alla mia volontà di superarle, alle ostilità che in alcune occasioni aveva dimostrato la comunità scientifica nei miei confronti. Lasciare libero sfogo alle emozioni, ma anche progettare la mia vita, questi furono i pensieri e i sentimenti in cui trascorsi quei giorni tra mare e cielo. Giorni di orizzonti sconfinati, senza limiti davanti ad uno spettacolo sublime, davanti al mare che cambiava di colore a seconda delle ore del giorno e che tanto ricordava quello della mia Sardegna.”
“FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI
MA PER SEGUIR VIRTUTE E CONOSCENZA”
Dante ci fa capire, tramite le parole di Ulisse, l’importanza della conoscenza che non ha età nè limiti. Per questo immenso desiderio di conoscenza nell’immaginario dell’uomo moderno la figura di Ulisse è il simbolo della ricerca del sapere e di colui che instancabilmente cerca nuove strade e si prefigge traguardi arditi verso ciò che è ancora sconosciuto.
Ciascuno di noi è chiamato con le sue qualità ad assolvere al suo proprio compito: saper imparare, porsi obiettivi, investire sul capitale intellettuale, trasmettere ad altri la propria conoscenza, incoraggiare e formare.
Ed ecco che Eva può essere paragonata ad un moderno Ulisse, al femminile, che attraversa l’Oceano con il suo prezioso bagaglio di “conoscenza” e lo mette al servizio delle comunità locali che La ripagano appendendo il suo ritratto il giorno della festa della donna , nella sala del Palazzo Comunale all’Avana. “La consideriamo una di noi, perché non aveva voluto essere straniera e bianca” .
Eva, a Cuba si era resa conto ben presto del fatto che le ragazze cubane non sapevano leggere e scrivere e quindi si preoccupò della loro emancipazione esortandole in tutti i modi ad intraprendere gli studi ad interessarsi alla cultura diventando ben presto un esempio da seguire.
Eva non era quello che oggi si chiama “cervello in fuga”. Era un cervello che voleva conoscere, sperimentare, andare in altre terre che le consentissero di saziare quella fame di sapere che ha spinto, in tutte le epoche , grandi uomini a lasciare la loro amata terra di origine con la speranza di tornarvi, per poi mettere a disposizione della loro Patria, ciò che hanno scoperto altrove.
Il libro “Fiori in famiglia” di Elena Accati ci racconta, attraverso l’intervista che l’Autrice fece a Eva alcuni anni prima della sua morte, la storia straordinaria di una donna in cui si sono coniugate in modo mirabile le doti intellettuali, umane, di ricercatrice, di moglie e di madre e soprattutto di una donna moderna che vedeva la ricerca al servizio della comunità e il bene degli individui presenti e futuri.
Di Lei dice Elena Macellari: “Una maga buona che coltiva gli iris. Tessitrice di competenze attraverso gli Oceani, scienziata rigorosa quanto attenta agli aspetti sociali del proprio lavoro, si prendeva il tempo per dire ad una bambina “Vieni, ti faccio vedere una chimera”.
Erano le CHIMERE quegli stupendi ibridi di iris, tulipani, rose e garofani da Lei prodotti che hanno reso la floricoltura di Sanremo famosa in tutto il mondo
Adriana Biffis Ottelli