“A scuola mi hanno insegnato che la fortuna è una donna cieca e bendata che ha facoltà di dare il bene o il male. A Mahon ho scoperto che Fortuna è una donna dagli occhi buonissimi che parlano prima della bocca.”Enrico Lay ufficiale cagliaritanoLo spettacolo che si vede dall’imponente faro di Punta Scorno (Asinara) lascia senza fiato tanto è meraviglioso e incontaminato. Nella grande casa bianca si avvicendano le famiglie dei guardiani del faro, spesso testimoni di vicende che non sempre sono finite bene.Ma una soprattutto riguarda la seconda guerra mondiale e due delle tre sorelle Vitiello, figlie del farista arrivate bambine nel 1936 e che furono testimoni di una terribile tragedia che coinvolse la flotta Navale da Battaglia della Marina Italiana proprio il giorno dopo la proclamazione dell’Armistizio dell’8 settembre 1943.L’ingresso in guerra degli Stati Uniti fece volgere la guerra a favore delle nazioni alleate contro Germania e Italia che è costretta ad arrendersi e a firmare “ l’Armistizio Breve”.La notizia si diffonde velocemente e quella stessa notte le squadre navali di stanza a La Spezia e a Genova salpano per sfuggire ai Tedeschi che erano venuti a conoscenza di quello che reputano un tradimento.Le navi si dirigono verso La Maddalena ma ricevono l’ordine di invertire la rotta Anna 11 anni ed Elisa 15 giocano come era loro consuetudine nella terrazza del faro quando si staglia all’orizzonte una flotta imponente che scortava una nave più grande delle altre e le sovrastava.Erano le ore 16,00 quando alcuni aerei, 15 bombardieri tedeschi attaccano la flotta.Le due bambine sapevano che si sarebbero dovute gettare a terra ogniqualvolta passava un aereo, cosa che fecero.Uno di questi aerei dotato di nuove bombe, colpisce la nave più importante e una colonna di fumo e fiamme si eleva per un migliaio di metri e la nave, spezzata in due tronconi, si capovolse e affondò in pochi minuti.Erano le 16.18 del 9 settembre 1943: la nave Roma ammiraglia della flotta porta con se sul fondo del mare l’ammiraglio Carlo Bergamini, il Contrammiraglio, 86 ufficiali e 1352 membri dell’equipaggio.Lo spettacolo è orrendo e solo più tardi le due sorelle sapranno di essere state le testimoni di una tragedia immensa. I 622 superstiti, raccolti dalle quattro navi di scorta alla Roma, furono portati a Port Mahon nell’isola spagnola di Minorca perchè la Spagna non era coinvolta nel conflitto e quindi porto sicuro.La Spagna e’ neutrale e la convenzione prevede che le navi impegnate in guerra possano sostare in porto solo 24 ore, in caso contrario saranno sequestrate e gli equipaggi internati.La situazione è disperata poiché ci sono 26 morti e le navi hanno bisogno di gasolio per poter riprendere il viaggio ma che il governo spagnolo dell’Isola non concede.La notizia dell’arrivo delle navi italiane e le difficoltà in cui si trovano giungono ad una donna, unica residente italiana, che si precipita al porto in aiuto dei suoi connazionali. E’ Fortuna Novella, carlofortina, vice console onorario per l’Italia, che con grande e incredibile determinazione risolve la situazione con le autorità locali convincendo gli ufficiali a consegnarsi alle autorità in cambio degli aiuti per i marinai e il permesso di permanenza. Ottiene di seppellire i 25 marinai morti durante il tragitto e di avvolgerli nella bandiera Italiana come si conviene per gli eroi, si rende garante del mantenimento dei marinai sopravvissuti al naufragio e di quelli delle altre 4 unità navali per un totale di 1800 uomini. La storia di questa eccezionale donna inizia a Carloforte dove nasce il 25 settembre 1880 da una famiglia benestante di armatori di barche per la pesca del corallo arrivati nell’Isola nel lontano 1793.La sua fanciullezza scorre in un ambiente dove tutti si conoscono, si aiutano, si proteggono e si rispettano.Poi il matrimonio con Antonio Riudavetz figlio di una ricca famiglia di imprenditori spagnoli, la porta a vivere in un’altra Isola : Minorca a Port Mahon dove è l’unica cittadina sarda italiana. Il loro matrimonio, seppure non allietato da figli, è felice e si possono dedicare alle imprese familiari che rendono la loro vita agiatissima.Anche dopo la morte del marito nel 1939, Fortuna continua a lavorare e ad amministrare i numerosi beni ereditati. La sua vita è a Mahon anche se spesso il suo pensiero va alla sua indimenticata Carloforte e alla sua amata Sardegna.E quando giunge la notizia delle difficoltà in cui si trovano i suoi connazionali, fa valere tutta la sua autorevolezza per risolvere quello spinoso problema internazionale.Fornisce abiti, cucina per loro, scrive ai familiari che i loro cari stanno bene, e con affetto cerca di far dimenticare soprattutto ai più giovani l’orrore dei corpi dilaniati durante l’esplosione della nave Roma. Procura loro le medicine curando i feriti e confortando e incoraggiando i più giovani.Trascorrono 16 lunghi mesi e lei ormai viene chiamata “Mamma Mahon”.Quando la guerra finalmente è finita e i suoi “Figlioli” sono partiti, questa signora dagli occhi azzurri, si dedica alle tombe di quei 25 giovani morti per la Patria portando fiori e facendo celebrare le messe. Nel 1950 la Marina Italiana decide di onorare quei caduti che si trovano a Port Mahon riunendoli in un monumento di marmo e “quella donna minuta di cui hanno sentito parlare sembrò sotto il profilo morale un gigante, un’anima nobile e generosa mossa da amor patrio e carità cristiana” come ebbe a dire l’Ammiraglio Ferrante Caponi.Nel 1952 dopo le insistenze delle famiglie dei giovani salvati e di tante autorità della Marina Militare, Mamma Mahon decide di tornare in Italia e accogliendo l’invito di Papa Pacelli che la vuole conoscere, si reca a Roma dove riceve il Suo ringraziamento e la Sua benedizione per il bene fatto.Sarà poi il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi ad appuntarle la medaglia d’oro di “Stella di solidarietà italiana di prima classe”. E poi, finalmente, Carloforte dove l’accoglienza fu un vero trionfo: ad attenderla c’erano migliaia di persone, le barche pavesate, autorità civili e religiose. Il richiamo del suo Antonio la riporta a Porto Mahon dove muore il 26 giugno 1969 .Sulla sua tomba si trova questa frase: ”Che il suo spirito possa essere sempre conservato ai nostri giovani” .Un filo invisibile e indistruttibile lega Fortuna Novella alle sorelle Vitiello (le testimoni dell’affondamento della nave Roma) che trascorrono 21 anni nel faro di Punta Scorno.Il 15 settembre 1953 è una giornata di calma quando improvvisamente arriva un fortunale e la moglie del farista avverte che una imbarcazione con tre pescatori si è capovolta e sta affondando.Le tre sorelle corrono verso il molo e mettono in mare una piccola barca nonostante il buio e le alte onde: loro sono esperte nel guidare la barca, vanno spesso a pesca e non hanno timore delle onde. Elisa afferra per i capelli uno dei naufraghi che, in preda al panico, non riesce a collaborare rischiando di trascinare sul fondo anche la ragazza che però non si perse d’animo. I tre, mezzo nudi e intirizziti dal freddo vengono issati a bordo tra enormi difficoltà. Il giorno dopo sarà recuperata anche la loro barca, unico mezzo di sostentamento per le poverissime famiglie degli sfortunati pescatori.Le tre sorelle riceveranno una medaglia di bronzo dalla Marina Militare durante una cerimonia, uniche donne nella storia d’Italia “Per aver tratto in salvo tre naufraghi nonostante la sopravvenuta oscurità e le avverse condizioni del mare, dimostrando altruismo e perizia marinaresca”. Quel filo fatto di altruismo, coraggio, determinazione e bontà d’animo che unisce donne di tutti i tempi in Sardegna è quello che ti lega senza chiederti nulla in cambio se non che tu possa fare altrettanto con lo stesso trasporto con cui loro sono state capaci di fare.
Adriana Biffis Ottelli